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ESERCIZI DI CONVERSAZIONE. 1. Parliamo del testo letto . 1. Parliamo del testo letto



1. Parliamo del testo letto :

1. Dove è ambientato il racconto e chi sono i suoi protagonisti?

2. Perché c'è una certa solidarietà tra gli alunni, il maestro, il direttore alla vigilia dell'arrivo dell'ispettore?

3. Come sono i ragazzi? Tutti uguali?

4. Quali sono i preparativi a scuola per la visita dell'ispettore ?

5. Come si comportano il maestro, il direttore?

6. Cosa pensano i ragazzi poveri del permesso di una vacanza inaspettata?                                                                    

7. Che impressione vi ha fatto la visita dell'ispettore?

8. Vi piace il racconto? Perché?

2. Parliamo di alcuni problemi sollevati nel testo:

1. Che cosa è la scuola primaria e quella secondaria?

2. Quali so no i rapporti tra la scolaresca e il maestro?

3. Si può eliminare la differenza sociale tra i ragazzi della scuola? In che modo? Credete che sia importante?

4. Come si dovrebbe svolgere il programma ? A chi, secondo voi, si dovrebbe prestare più attenzione: a quelli che studiano bene o agli "asini"? Perché?

5. Quali sono i problemi della scuola primaria e della scuola seconda ria in Russia?                                                    

6. Come sono i manuali della scuola primaria? Come potrebbero essere perfezionati?

7. Come sono i programmi di studi? Perché questi programmi sono spesso oggettp di discussioni fra docenti?

3. Parliamo di rapporti umani a scuòla:

1. In che cosa deve manifestarsi il rispetto del maestro verso l'alunno? È sempre presente a scuola?

2. Quali sono le qualità intrinseche che deve avere una persona che ha scelto la professione di maestro?

3. Come intendete il concetto di vocazione alla professione di maestro?

4. Che tipo di scuola preferireste a quella che avete fatto? Che ne pensate dei vostri maestri? Quale dei vostri maestri ricordate meglio?

 

TESTO SUPPLEMENTARE

                                                   Domenico Rea

LA SIGNORA SCENDE A POMPEI

L'autobus delle dodici e trenta che porta a Salerno attraverso la Napoli — Pompei quel giorno non era affollato. I passeggeri avevano trovato insolitamente posto e alcune coppie di sedili della parte posteriore della vettura erano vuoti.

"Va a Salerno questo coso?" Al "sì" del fattorino, che era ritornato a controllare i biglietti dei signori passeggeri dei posti anteriori, la vecchia esplose sul capo della bambina: "Lo dicevo io che andava a Salerno".

La vecchia era felice d'aver trovato una fila di posti vuoti per lei e per la bambina. Depose la bambina sul posto in fondo a sinistra, vicino al finestrino.

"Si va meglio del treno qua". Guardò in giro favorevolmente meravigliata e aggiunse: "Qua fa caldo, nel treno faceva freddo. Qua ci sono le poltroncine, nel treno i sedili non li fanno neanche di paglia. Non c'è proprio da confrontare." "Aproposito" si disse, come colpita a tradimento al centro dei suoi pensieri, tuffando una mano nel petto ed estraendone una carta: "C'era il cont­rollore!"

Poi riprese a dire: "Questa mattina nel treno quel soldato mi ha fatto andare avanti e indietro. Lui era proprio un soldato, perché anche questa qui — sarebbe stata la bambina — è militare. Ad Angri scesi in fretta e furia. Portava lui la bambina in braccio. Era un bravo giovane. E così siamo saliti all'ultima carrozza dove era già passato il controllo. Quanto era brutto, un mustaccione! Ma al ritorno ho detto tra me e me: — Un'altra volta lo sbando del treno? Son vecchia e a scendere e a salire la salute se neva. Io ho da lavorare. Non lo prenderò. — Ho fatto bene? Ме nе sono andata sulla strada che porta a Salemo e mi son messa ad aspettare. La ragazzina s'è messa a giocare sull'erba e io mi dicevo: deve passare qualche salermitano carrettiere o qualche frattese — li conosco tutti da ragazzini—col camion della fabbrica di cotone. Poi è venuto questo ed ora mi trovo qua dentro. Sia lodato Gesù e Maria!"                                                                

Parlava ad alta voce con la testa china a destra versò l'uomo dal cappello. I passeggeri ascoltavano e qualcuno se la rideva in silenzio. Ella aveva un vocione di vecchia che ha due o tre denti coi quali però sa sorridere, mangiare, e soprattutto pregare a grande velocità.                                                        

"Stai comoda, ti piace? Hai provato il treno e l'automòbile più grande che esiste". La ragazzina era visibilmente soddisfatta. Anche la vecchia. Stette a godersi la corsa dei colori del paesaggio, che non doveva interessarla.

La ragazzina mise una mano nella tasca sinistra delia vecchia che, sorprendendola, rivolgendosi all'uomo dal cappello, bussandogli alla spalla disse felice:                                             

"Vedetela, ha vergogna di dirlo, vuole il biscottino". Estrasse , da una tasca un biscottino, lo spezzò a metà, una metà la nascose in tasca e l'altra la diede alla bambina. E di nuovo all'uomo dal 36

cappello; "Avete fatto la merenda? Noi no. Che ore sono?" Guardò fuori e disse: "Non saranno più dell'una... e non abbiamo fatto ancora la merenda", continuò senza sfiducia o lamento, quasi avesse detto una cosa che non la riguardasse. Ma, ripensandoci e sospirando, aggiunse: "Dobbiamo ringraziare anche Dio. Sono   uscita con cinquecento lire, e che mi resta? Quanto mi costi!" disse rivolgendosi alla bambina, che succhiava il mezzo biscottino, ben sdraiata sul suo posto.  

Questa volta fu l'uomo dal cappello a dirle:

"Li avete i soldi per pagare?"

"Non ce l'ho" rispose ingrifata. "Ce l'ho sì". Tuffò in fretta e furia la mano nel petto ed estrasse due biglietti: uno da cento e uno da cinquanta lire. "Son centocinquanta lire, bastano. Mica è il treno questo. Questo coso ha una sola carrozza. Uno non si può neanche muovere", disse senza timore.

"Ma quanto avete pagato nel treno?" domandò l'uomo dal cappello, con una voce e una faccia invulnerabile. Quell' uomo parlava come da dietro la sua faccia, da dietro i suoi occhi, da dietro la sua voce.

"Quanto ho pagato? Ve l'ho detto, niente. Questa qui", riprese con voce sillabata per ripetere per l'ultima volta quanto credeva di aver detto cento volte, "è militare. Questa qui è senza madre, è senza padre, è senza nessuno. È come me, perché se fossero vivi il padre e la madre di lei, c'erano i miei figli, anche io sarei stata come una figlia al sicuro di tutto. Ora no... Qualcuno la doveva accompagnare dal capitano medico... Sapete che non ha tutte e dieci le dita del piede? La madre e il padre morirono e io, vecchia, mi salvai. E Mariuzzella perdette tutte e dieci le dita, perché la scavarono subito, "altrimenti s'infradiciavano anche proprio i pezzi di piede. Avete capito? Dopo cinque anni è venuta finalmente la carta. "Questa qui", e la sventolò, Tospedale militare di Napoli. La ragazza non deve pagare. Sta scritto. Leggete voi. Ma la ragazza ha dieci anni e non sa nemmeno dove si trova Salerno e non potrebbe proprio sapere che Napoli si trova da questa parte. Non lo sapevo io. E io nemmeno devo pagare".

L'uomo da un pezzo non l'ascoltava se non con la cima del cappello a fungo.

"Io sono accompagnatore. Fosse stato per me, me ne sarei stata a casa".

L'uomo dal cappello fece un terribile gesto di fastidio. La vecchia predicava piena delle sue ragioni, che le passavano volando per la testa. Accarezzò la bambina, che aveva messo di nuovo la mano nella sua tasca in cerca di biscotti. E lei gridò:

"Ora basta! Ho comprato quindici lire di bisqoìtini e te li sei mangiati tutti. Ha fame di biscottini, la viziosa! Devi vedere, ancora devi vedere che è la vita!" La ragazzina si mise in broncio e a lei il pensiero "devi vedere" dovette suggerirglielo non la vera ragione che glielo suggeriva sempre, ma la fugace apparizione e sparizione sotto i suoi occhi della massiccia figura del fattorino, il crac della foratrice cromata dei biglietti, la parola: "Biglietti, biglietti".

All'improvviso accarezzò la bambina e disse ad alta voce, per scongiurare l'immaginario pericolo, che prendeva corpo e violenza dentro di lei.

"Non ti preoccupare. Questo controllo qua è di Salerno: sono sicura che sia di Salemo, perché il coso è di Salerno". Ma non se ne dovette convincere.

Il controllore chiese ancora il biglietto a un signore che, come molti usano, non lo aveva fatto all'agenzia. La vecchia vide diversi biglietti da cento passare dalle mani del signore in quelle del fattorino.

"Non andrà a Salerno. E dove va?" pensò disperata. Con un principio di paura chiese all' uomo dal cappello:

"Siete sicuro che va a Salerno?",

"Dove vai?" La vecchia gli tese le centocinquanta lire; aspettando. "Ce ne vogliono quattrocentoventi. Io lo dicevo che oggi andava troppo bene. Ma andate col treno, andatevene coi piedi, voialtri. Quando siete nati, c'era il pullman?"

"Ma questa qui è militare", rispose la vecchia, offrendo la carta dell' Ospedale Militare di Napoli.                        

"Che me ne faccio? Io debbo avere quattrocentoventi lire. Questo è un pullman privato".

La vecchia si cercava nelle tasche senza osare levar gli occhi al fattorino che scrutava le due mani di settant'anni con le macchioline rosse lavorare a uscire e a entrare dalle tasche strapiene di tutto fuor che di una lira.

"Bella mia", le disse, "tu hai ragione. Ma qui ci vogliono altre duecentosettanta lire, e io non ce le posso rimettere".

"Aspettate", rispose la vecchia con poca voce. E quasi che le sue vesti e sottovesti, tutte nere, più nere e meno nere, fossero dei mobili» cacciava le mani nell' altra veste, nell' altra veste ancora, mormorando: "Madonna, fa' il miracolo!"

Qui un giovanotto, uno studente con la testa lucida di brillantina, due baffettini, ma rosso come un peperone, che aveva  dovuto combattere se medesimo una dura battaglia, con un filo    di voce disse:                  

"Ecco cinquanta lire", e si sedette subito. La vecchia si alzò sorpresa e gloriosa gridando:

 "Grazie, grazie". Il giovanotto rosso di vergogna non sapeva dove guardare.

"Non bastano ancora?" chiese la vecchia. Il fattorino non le rispose. Guardava il tetto della vettura e disse:

"Ce ne vogliono altre duecentoventi... Io ne offro cinquanta", e quest'offerta espresse a bassa voce per non offendere da fattorino i signori viaggiatori. Si attese. La vecchia alzata guardava con le mani poggiate sulla spalliera della fila dì posti anteriore, e lei e il fattorino videro una bella degradante scalinata di spalle. Il fattorino disse:          

"Tu hai ragione, ma più di cinquanta lire non ti posso dare, e il biglietto lo debbo staccare. Il biglietto per la creatura c'è. Ti restano anche quaranta lire. Fa' così, vattene a piedi, son una trentina di chilometri. La ragazza la trattengo io al capolinea.. È proprio vicino all'incrocio per Fratte... "Autista", gridò con una voce da far venire la coscienza ai lupi, "fermata a Pompei, la signora scende, la bambina prosegue".

Il ventitreesimo chilometro, Pompei, era prossimo e la vecchia rassegnata stava accordando la ragazzina.                         

"Vado a comprare i biscottini e tu mi aspetti là, io subito vengo", La bambina col viso triste fece di sì col capo. L'auto si fermò. La vecchia si avvicinò allo sportello che il fattorino le aprì. Discese. La bambina si mise a piangere dirottamente. Il fattorino tirò lo sportello e guardò la vecchia dal vetro, con la faccia seminata di rughe, misera, spenta e istupidita.

 


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