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ESERCIZI DI CONVERSAZIONE. Trascrivete dal testo le parole, le locuzioni e le frasi che di solito si usano nella conversazione e mettetele in un dialogo. b) Fate un dialogo, servendovi delle battute tradotte.



 

Trascrivete dal testo le parole, le locuzioni e le frasi che di solito si usano nella conversazione e mettetele in un dialogo.

2. Fate delle frasi con quanto segue:                             

che testa! scannato! miserabile!, pezzo d'asino! ; corpo di Dio; sangue della madonna! ; me la pagherete!; malanno a chi non ci crede!; vi fulmino tutti!; oh, mamma mia!; figli d'un cane!; mi fuma la testa!; calma!; che c'è da ridere, scusi! ; a vossignoria non brucia!; bacio le mani!; ci stai bene?; benone!; piacere!; qua dentro ci faccio i vermi; neanche per ischerzo!; pezzo da galera!; vedremo chi la vince.                                                              

3. a) Come si dice in italiano?                               

ты очень плохо поступил; ты сделал глупость; для тебя же хуже; сам виноват; ты не прав; ты ошибаешься; увы, мне очень жаль; что с тобой? как ты мог так сделать (сказать); ты преувеличиваешь!; ну и хорош же ты; ты меня просто смешишь; но мы же не дети; но кто же виноват?

b) Fate un dialogo, servendovi delle battute tradotte.

4. Mettete una o due frasi accanto ad ogni battuta, rendendo evidente il suo carattere d'ira o il cattivo umore di colui che parla:

non sono in vena; lasciami in pace, lasciatemi stare; sei proprio schifoso; mi fai schifo; non ti voglio più vedere; non vi posso soffrire; mi fa montare su tutte le furie; per chi mi prende! ; non è affare suo; sono di cattivo umore; ha la luna storta; non ne posso più, questo non ti riguarda; mi dai fastidio.

 

FATE DA INTERPRETE

 

A. В итальянской политической терминологии встречается ряд терминов, трудных для понимания людей, недоста-точно знакомых с итальянской действительностью. Не могли бы Вы объяснить некоторые из этих терминов?

B. Prego, domandi pure.     

A. Спасибо. Вот, например, что означает термин «консти-туционный закон»?

B. Con questa espressione s'intende sia una legge di revisione della Costituzione sia la legge costituzionale propriamente detta cioè di «integrazione» della Costituzione.

A. Существует ли специальная процедура для принятия этих законов?

B. Sì. Tutte le leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Carriera nella seconda votazione.

A. Понятно. Благодарю Вас. Не могли бы Вы разъяснить

такой термин, как «полномочный закон»? В. Lei intende la legge delega?

A. Да, да.

B. La legge delega è quella deliberata direttamente dal Governo (Consiglio dei ministri) in seguito a delega ricevuta con apposita legge delegante. Il parlamento concede la delega a tre condizioni che derivano dall'articolo 76 della Costituzione: 1) precisa determinazione dei principi e dei criteri direttivi; 2) tempo limitato; 3) per oggetti definiti. La delega non può essere concessa che eccezionalmente. Agli effetti, ancora, dell'articolo 72 della Costituzione, non possono essere dele­gate al Governo leggi in materia costituzionale ed elettorale, nonché quelle di autorizzazione a ratificare trattati interna­zionali o di approvazione dei bilanci preventivi o consuntivi.

A. Спасибо. Это совершенно ясно. Я хотел бы еще спросить, что означает термин «куцый» закон?

B. Legge stralcio è quella che è tratta da un «corpus» più vasto e può essere paragonata a «legge ponte» che serve di passaggio ad altra legge, probabilmente più organica e più ampia. È nota la legge stralcio per le questioni agrarie che ha concesso solo in minima parte la distribuzione delle terre incolte, salvo indennizzo, ai contadini.

 

Compito

Riassumete la conversazione: a) da parte dell'interlocutore russo; b) da parte dell'interlocutore italiano ; c) da parte dell'interprete.

 

 

TESTO SUPPLEMENTARE

G . Raiberti

METAFORE ANIMALESCHE

 

Dalle similitudini dell'epopea fino ai proverbi della plebe, è un continuo confrontare gli uomini alle bestie.

Se siamo tardi d'ingegno, ci chiamano buoi; se sudici e corpulenti, porci; se villani e selvatici, orsi; se ignoranti, asini. Chi ripete i discorsi altrui è un pappagallo; chi riproduce le altrui azioni è una scimmia; chi esercita un poco di usura a sollievo dei disperati, è una sanguisuga. Patite le distrazioni? vi danno dell'allocco. Siete un uomo di tutti i colori? vi dicono camaleonte. Siete astuto? oh, che volpe! Siete vorace? oh, che lupo! Oh, che talpa, se non vedete le cose più chiare! Oh, che mulo, se siete pertinace! Oh, che gufo, se aborrite la luce della verità! La donna iraconda e vendicativa è una vipera, la volubile è una farfalla, civetta la lusinghiera...                                               .

Ma qui osserverà taluno, non si tratta che di quaetà viziose. Oh!... la forza con generosità (e anche senza) ha l'eterno suo modello nel leone. La fedeltà e Г amicizia hanno per tipo inevitabile il cane. Gli amanti teneri si dicono colombe; gl'ingegni sublimi aquile; i buoni poeti cigni. Chi ha acuto Г occhio della mente, vien paragonato alla linee; l'uomo mansueto si onora col titolo di agnello; chi fa risparmio per i futuri bisogni, si chiama provvido come la formica; perfino l'eclettico è un'ape che succhia il miele da ogni fiore. Insomma stimo bravo chi mi sa trovare un individuo solo che in bene o in male, non rassomigli a tré o quattro bestie almeno.

Compiti

1. Traducete il testo, trovando una metafora animalesca russa equivalente a quella italiana.                                           

2. Fate delle frasi con le suddette metafore animalesche.

 

Unità 10

Domenico Rea

IL RAGAZZO RITROVATO

 

Ero appena salito in un filobus e mi ero fatto il biglietto, restando in un angolo della piattaforma posteriore, quando fui colpito dalla presenza del ragazzino.

Poteva avere al massimo una decina d'anni, ma riproduceva alla perfezione uno dei suoi simili adulti: quei giovinastri tra i diciotto e i venticinque anni dall'aspetto irritato e fiero. Fu questo particolare a colpire la mia attenzione. Il ragazzo indossava un «blue jeans» duro aderente alle cosce, con su un blusone da marinaio dibasso porto, col colletto rivoltato di panno rosso. Roba che si vende a Forcella e che, messa indosso a un qualsiasi altro ragazzo, sarebbe apparso come un travestimento. L'abito del mio ragazzo era invece una vera e propria tenuta da lavoro, con le macchie e la patina di polvere della fatica e che diveniva vero e autentico per una ragione assai più precisa e intima: non stonava col ragazzo che ci stava dentro, con quel volto di dieci anni che nessuno avrebbe potuto definire «viso» da fanciullo. Uno di quei volti infantili che hanno già visto molte cose o tutto e che si pensa debbono venire presto schedati nell'archivio di qualche riforma­torio. La mia ultima impressione al suo destino fu di immagi­narmelo prima o poi nelle mani della legge.

Il corpo, sebbene fosse nascosto dalla blusa e dai pantaloni riconfermava il mio pensiero. L'attaccatura delle cosce аll'inguine doveva rassomigliare a quella magra e rachìtica dei pupazzi. Il petto invece riempiva il blusone e con quella testa arcuata e con quella faccia astuta in cui gli occhi piccoli e biondastri non avevano un solo briciolo di luce ne faceva un essere indipendente, già capace di difendersi e dì offendere fino al sangue.

Egli stava seduto e guardava indifferentemente i passeggeri che aumentavano di fermata in fermata, con l'aria annoiata e di sopportazione di chi aspetta che finisca presto. Le punte delle sue scarpettine non riuscivano a toccare il pavimento della vettura. Salita una vecchia borbottante, il ragazzo la invitò con rauco dialetto ad accettare il suo posto. Restato all'impiedi, per trovare un po' di sfogo venne a rifugiarsi sulla piattaforma posteriore. Non gli toglievo gli occhi da dosso e se la gente mi spingeva cercavo di stargli vicino. Finii per trovarmi addosso a lui e lui nello spazio delle mie braccia. Voltò la testa verso di me e dovette trovarmi antipatico, di una particolare antipatia: giudicatrice e indifferente. Mi guardò di nuovo con una punta di sfida-come per dire: «Mi prendi per un bambino?» E subito dopo - glielo vidi lampeggiare negli occhi — «e per un pezzente, per vino di quelli che cercano nelle strade».

Tuffò una manina nella saccoccia destra del blusone e ne estrasse una manciata di monete. Una manciata! Come chi ha denaro in tasca e non lo conta e non ha bisogno di contarlo perché è avvezzo e non lo considera. Assicuratosi che lo guardavo e fingendo la massima indifferenza si mise non a contarlo, ma a riordinarlo secondo il taglio. Ne estrasse prima le venti e le cinquanta lire che ficcò nella saccoccia sinistra del calzone, poi le cinquecento, spiegandole e stirandole per bene e concalma, — tanto per far passare il tempo — e poi tre biglietti da mille.

Pensavo che non poteva essere denaro raccolto con le elemosine perché la gente non dà mai biglietti di grosso taglio; né denaro prelevato per commissioni ricevute da un parente o da un qualsiasi adulto perché glielo avrebbero dato un poco più ordinatamente. Era denaro rubato. E a chi? Era denaro vinto ad un gioco d'azzardo da marciapiede? No. Il ragazzo doveva stare negli affari e da tempo. Particolare importante quello di essersi fatto il biglietto. Se avessi dovuto dire il mio pensiero sull'origine di quel denaro credo mi sarei allontanato di poco dalla verità, dicendo che il bambino era andato a vendere merci, merci sue, raccolte per strada o soltanto comprate a basso prezzo per rivenderle a un prezzo maggiore. Mentre così sospettavo lui aveva terminato l'operazione, non dimenticando nel ficcare il denaro in fondo alla saccoccia di spiare sul mio volto l'effetto che mi aveva fatto quel suo mucchio.

«Ora» sembrava dirmi «ora che pensi di me? Non lo sospettavi, eh! Va! io mi sento cento volte più uomo di te». E forse era vero. Infatti mi trascurò, ficcò le mani nelle tasche e si mise a fischiare da uomo che ha pensieri, affari, guai, senza sorridere, senza che gli scappasse un solo gesto, indizio dei dieci o dodici o tredici anni che avesse.                                                                    

La mia fermata era prossima e con piacere mi avvidi che sarebbe disceso anche lui. Mi lanciai di buon passo nel vicolo della mia camiciaia perdendolo di vista, ma lui mi raggiunse e mi sorpassò. Mi si mise davanti, voltandosi con astuzia per vedere se lo osservassi ancora. Vicino ad un caramellaio si limitò a dare una occhiata al banco e ai ragazzi che lo circondavano dando non so se un pugno o un pizzico ad uno di essi, che si voltò pronto ad una ribellione che gli dovette passare subito, misurando il mio ragazzo « nella sua giusta misura». Infatti, per bèffa, il mio ragazzo gli fece un prepotente segno di star zitto, fermandosi, pronto ad ogni sfida senza per altro dimenticarsi di me, come per dirmi: «Vedi chi sono! Questi qui (i ragazzi) li ho tutti per fatti». Passò un cane rasente il muro e lui gli diede un calcio. Poi entrai nel basso della camiciaia e non pensai più a lui.

Uscii una mezz'ora dopo e il ragazzino stava appoggiato al muro del vicolo. Sfumacchiava. Al fianco gli stava un altro ragazzo affatto inferiore a lui nell'aspetto di giovinastro. Il mio ragazzo gli doveva dire qualchecosa che l'altro ascoltava senza interesse, come i guappi di fama riconosciuta. Io pensai che mi avesse aspettato a bella posta per farsi vendere fumare e dissi tra me: «Non ha proprio nulla del bambino, proprio nulla. Forse quando dorme...  Chi lo libera da quella faccia? Chi gliela potrebbe rifare fresca, rosea e innocente? » Finsi di non vederlo e tirai diritto per la mia strada. Poi mi sentii toccare ed io mi voltai di scatto dicendo:

— Che vuoi? — II ragazzo mi guardò fisso, con gli occhi bene aperti, ben spaventati. Ed io ripetei: — Si può sapere che cosa vuoi? — II ragazzo estrasse dalle tasche dei pacchetti di sigarette straniere. — Non fumo — dissi. Poi tesi una mano, presi un pacchetto e domandai: — Sono con la segatura?

Il ragazzino mi guardò per un attimo con occhi tondi e sfavillanti. Riprese il pacchetto, lo scartocciò e spinse fuori abilmente tre sigarette. Poi, così aperto, mi ridiede il pacchetto perche io odorassi il buon tabacco americano. Non contento, prese una sigaretta, la stracciò (e questo il nome del suo gesto) sbriciolò il tabacco nelle mani e lo buttò per terra dicendo:

— È roba genuina — io non tratto la roba di Forcella.

— Non far storie — dissi — dove la rubi?

— Signurì1, non parlate così, altrimenti non facciamo più l'affare e vi dimostro che sono un uomo onorato.

— Non mi far ridere.

— Signurì, voi fate troppe chiacchiere e io non ho tempo da perdere. Le volete o no le sigarette? (E rabbonendosi) — Io abito qua, mi conoscono tutti, domandate di Ciruzzo e vi portano fino a casa mia. Io vendo roba buona genuina, perché ci tengo a conservare i clienti. Siamo carte conosciute.

Allora dissi:

— Va bene — stupefatto del suo parlare. E aggiunsi: — Le prendo. Voglio però le Carnei. Queste non mi piacciono — avver-tendo una sincera pietà per quel ragazzo-mostro; per la società che li partoriva come aborti di natura spontanei e inevitabili. A vent'anni sarebbe stato se non un uomo fatto, uri uòmo deluso, amaro, triste, che aveva solo da sopportare una ripetizione infinita ed estenuante di quanto aveva già sperimentato, provato scontato, subito. Sì, come tanti e tanti altri che vanno in giro per queste strade; che a diciotto anni sono già mariti, già padri, già uomini nei guai con i capelli ritti sul capo: con quelle ragazze-mogli-madri al fianco, un poco indietro nel camminare, già sciupate, straziate, scolorite, svenate nel fiore di giovinezza.

Il ragazzo intanto aveva infilato l'altra mano nella tasca capiente per cercarvi le Carnei e la ritirò piena di... formelle (bottoni) di diverse forme e colori, di un fischietto, di pallini per fionde di uccelli, di pietre lisce e piatte di mare, tenendole con la stessa serietà con cui prima aveva tenuto il denaro. Deluso di non aver trovato le sigarette che cercava mi disse che sarebbe andato a prenderle a casa.

— Non fa niente — dissi. — Prendo queste... — ora che lo avevo ritrovato in tutta la sua infanzia tra quei bottoni;colorati in quelle mani sporche.                                          

Adattato d a D. Rea

1 Signurì! — Signore! — (dialettale)

 

ESERCIZI DI VOCABOLARIO

 

1 .Imparate le parole e i nessi di parole:

la piattaforma di un filobus пло­щадка троллейбуса

farsi il biglietto купить себе билет

colpire l'attenzione di qd поразить кого-либо

con l'aria annoiata di sopportazione нехотя, снисходительно

non togliere gli occhi da dosso не сводить глаз с кого-либо

prendere qd per un bambino при­нимать кого-либо за ребенка

prendere per la destra (sinistra) повернуть направо (налево)

spiegare il biglietto da cento lire расправлять купюру в 100 лир

biglietti di grosso taglio крупные купюры

sfumaccbiare покуривать

 tirar per la propria strada идти своей дорогой

avvertire pietà per qd чувствовать жалость к кому-либо

nel fiore di giovinezza в расцвете молодости

2. a) Traducete in russo:

la piattaforma posteriore del tram una piattaforma politica una piattaforma elettorale

b) Traducete in italiano, scegliendo la parola adatta: piattafórma, campo, arena, banchina

задняя площадка троллейбуса; избирательная платформа; спортивная площадка; железнодорожная платформа, детская площадка; политическая платформа.

c) Inventate un fatto, introducendo due o tre volte nel racconto la parola piattaforma.

3. a) Trovate una traduzione adeguata:

destare una viva attenzione, attirare l'attenzione, eccitare l'attenzione, colpire l'attenzione;

    distrarre l'attenzione, sviare l'attenzione, allontanare l'atten­zione;                  

prestare, fare (molta, poca) attenzione a qc; rivolgere, richiamare l'attenzione di qd a qc.

b) Traducete in italiano, adoperando la parola attenzione :

1. He обращайте на него внимания, он всегда такой. 2. Этому вопросу необходимо уделить серьезное внимание. 3. Не следует привлекать их внимания. 4. Обсуждение этого вопроса вызвало живой интерес всех присутствующих. 5. Этот инцидент возбудил всеобщее внимание. 6. Необхо­димо отвлечь внимание ребенка. 7. Он сосредоточил все свое внимание на выполнении задания. 8. Ваши вопросы отвле­кают внимание присутствующих. 9. Ваши слова поразили меня (привлекли мое внимание).

c) Aggiungete un complemento ad ogni costrutto e traducete in russo:

richiamare l'attenzione di...

prestare (l')attenzione a...

sviare l'attenzione da...

eccitare l'attenzione di...

destare 1'attenzione per...

d) Inventate una breve storia, in cui possano spontaneamente figurare le espressioni:

allontanare l'attenzione, destare una viva attenzione.

4. a) Parafrasate:

avvertire qd del pericolo; avvertire d'un errore; avvertire che ci sono ospiti; avvertire un disturbo, una malattia; avvertire pietà per qd.                                                   

b) Traducete in russo, adoperando il verbo avvertire :

испытывать жалость к больному человеку; у больного были головные боли (он испытывал боли); предупредить об опасности; хочу предупредить о том, что вас ждут; предо­стеречь от ошибки.

5. a) Trovate una traduzione russa adeguata del verbo spiegare:

levò la gonna dalla valigia e la spiegò; spiegò il foglio di carta; spiegare la voce; il maggiore spiegò le truppe; spiegare le vele (distendere le vele al vento) ; spiegare le ali; spiegare un mistero; spiegare un rebus; spiegare il senso, la difficoltà; spiegarsi a stento in inglese; non so se mi spiego; spiegare le bandiere.

b) Traducete in italiano, adoperando il verbo spiegare (spiegarsi):

объяснить трудное правило; идти на. всех парусах; развернуть знамена; построить войска; запеть вo весь голос; расправить крылья; объяснить загадку; объясняться по-немецки; не знаю, ясно ли я говорю.

c) Fate cinque frasi, introducendovi il verbo spiegare nei suoi vari significati.

6. a) Servendovi dei vocabolari della lingua italiana di Zingarelli, di Palazzi, o d'altri autori, spiegate l'uso del verbo tirare.

b) Traducete in russo le espressioni e usatele in frasi:

I cavalli tirano la carrozza; una parola tira l'altra; uscì tirandosi dietro l'uscio; lo tirò a se e lo strinse tra le braccia; tira a te la cassetta; i più tirano i meno; la pipa tira bene; la terrà asciutta tira l'acqua; lo tirarono su i compagni; tirati su da te; tirar l'acqua al mulino di qd; tirar su i bambini; tirar giù la tenda; tirar fuori il coltello; tirar fuori delle scuse; tirar fuori argomenti importanti; tirar in alto la bandiera; tirar avanti (indietro) la sedia; tirar avanti la famiglia; tirar da parte qd; tirarsi da parte; tirare uno per i capelli; tirare il paletto (il chiavistello); tirare le somme; tirar la stampa; tirare sul nemico; tirare a lepre; tirar tardi.

c) Inventate una breve storia, in cui possa spontaneamente figurare una delle espressioni col verbo tirare.

7. a) Trovate dei sinonimi dell'espressione esser avvezzo a qc.

b) Mettete in frasi: esser abituato (accostumato, consueto) a qc.

8. Leggete il saggio, riassumetelo in italiano e in russo:

CARLO MUSCETTA SU D. REA

 

Ennesimo fra i discepoli meridionali del Caravaggio, Rea seppe gettare fulminei colpi d'occhio a questa «rinascita del mondo avvenuta così popolosamente».

«La figlia di Casimiro Clarus», che Francesco Flora (bene­merito scopritore di Rea) presentò a Mercurio nel'45 fu il primo racconto di Rea, pubblicato però tre anni dopo la composizione. Fu salutato dai letterati come una novità. Ed era tale ma non proprio per quel tono di composta allegria che suggellava melodiosamente il racconto (l'amore di un povero maestro elementare per «un'innocenza di donna», figlia di un ricco agrario); bensì a causa della figura di Casimiro, che tanto disprezza quel maestrucolo, e geloso di sua figlia come d'ogni suo bene, gl'invidia e gl'impedisce quella felicità che lui stesso non è riuscito a possedere, affogato nella grascia e avvelenato dalla convivenza di una moglie troppo cafona e troppo fedele. Questo racconto, ristampato da Rea opportunamente in appendice al suo primo volume, Spaccanapoli, è da considerare come l'addio a un certo consolato lirismo della vecchia letteratura, quella del Ventennio. Nei moti frenetici di Casimiro, spinti fino ad una tormentata buffoneria, che contrasta con la dolente passione dei due giovani, c'era uno spunto tragico a cui avrebbe potuto dare sviluppo solo una tragedia più vasta. Una dichiarazione di commovente ingenuità si legge in questo racconto: «II vero è ciò che è sentito, ciò che si fa sentimento». Per forza di fatti, questa divenne la poesia di Rea, al tempo dell' Interregno: questo fu il suo vero, questo divenne il sentimento delle sue novelle.

Non sono quelle del Decamerone, ci ha avvertito un critico. Certamente. E chi mai oggi può sopportare paragoni siffatti? Allo spreco di parentele più o meno illustri per celebrare le qualità di Rea, e forse ingeneroso contrapporre tutte le «incongnienze» che si possono leggere nei suoi scritti (e ce ne sono assai più che nei quadri del Caravaggio). Persone poco caratterizzate, linguaggio incerto fra lingua e dialetto, oscurità di frappassi psicologici e di' ambientazione (fra l'altro tutti credono che la scena sia a Napoli, e invece siamo in provincia).

Rea illumina vivamente il sottosuolo della disgregazione meridionale, riesce ad imprimere nella nostra memoria fotogram­mi audacissimi. Ecco la «prostitutella pallida e freddolosa, con le dita sporche di nicotina, che cambiava paese e seguiva «in tradotta» le lunghe e comode colonne americane. Se le si dava a parlare non rispondeva. Se le si offriva una cosa, ringraziava con gli occhi attraversati di fraterna luce. Negli altri momenti della sua vita doveva usare gli «occhi falsi». E allo scandalo capitato in un convento: «Gesù, fate luce», — grida una monaca alla vista di Piededifico, il «pezzente-stabile» che non potendo più esercitare la sua professione, s'è cacciato nella ben provveduta cantina delle nostre sorelle in Cristo, e ha trovato finalmente il sistema per mangiare lui e la sua famiglia.

Ma il più bel racconto di Rea s'intitola «La signora scende a Pompei», ed è stato pubblicato in un settimanale milanese, che veramente non era il più adatto ad ospitarlo. Qui Rea ha dimostrato di saper rimanere nel racconto, contenendosi e rattrappandosi nella delusione di una povera vecchia, che in un bell'autobus credeva di poter viaggiare e di poter recarsi a Napoli ad accompagnare un'altra derelitta, una mutilatina di guerra: i soldi non bastano anche per lei, il fattorino le offre cinquanta lire, per non offendere i signori viaggiatori che si limiteranno a donarle spalle e nuche senza orecchie. La signora scende e la bimba prosegue, l'aspetterà al capolinea. A Pompei certi «miracoli» non accadono.

Adattato da «Letteratura militante» di C. Muscetta

ESERCIZI DI GRAMMATICA

 

1. a ) Che significato aggiungono al verbo i suffissi — icchiare; acchiare?

b) Traducete in russo:

rosicchiare, vivacchiare, ridacchiare, scribacchiare, mangiuc­chiare, leggiucchiare.

2. a) Trascrivete dal testo tutti gli aggettivi con il rispettivo


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